Diplastrella bistellata (Schmidt, 1862)

 

Regno: Animalia  - Phylum: Porifera - Classe: Demospongiae - Ordine: Clionaida - Famiglia: Spirastrellidae - Genere: Diplastrella

Nome italiano: -  

Nome inglese: -  

Nome regionale:

 

 

Descrizione: Questo porifero ha sempre una forma incrostante e forma sottili lamine, spesse al massimo un millimetro, che aderiscono alla roccia. La sua superficie appare vellutata ma fragile, cosicché si danneggia facilmente. Per contro, l’area di fondale ricoperta dagli esemplari può apparire piuttosto estesa e sfiorare il metro quadro. Tuttavia, mediamente, l’estensione degli individui che si incontrano sui fondali si stima intorno al decimetro quadrato. L’aspetto di questo porifero è simile a quello di altre specie incrostanti. I canali che si trovano sulla sua superficie formano spesso strutture a stella, che appaiono ben evidenti intorno agli osculi, come accade anche in Timea unistellata o in Spirastrella cunctatrix. I canali sono sovente molto lunghi e ramificati e, nella loro parte più distante dall’osculo, appaiono spesso distribuiti irregolarmente. Si intersecano tra loro formando una fitta rete di canali minori che ricoprono gran parte della superficie degli esemplari. Questi mostrano inoltre una superficie abbastanza inconfondibile, cosparsa di minuscoli pori e venulazioni. In questa specie il colore appare solitamente giallino pallido, anche se talvolta può apparire biancastro o bianco giallastro, con i canali ramificati in superficie che appaiono più scuri perché sono semitrasparenti e lasciano trasparire il colore interno. Anche i pori e talvolta gli osculi sono scuri al loro interno. Si tratta di una specie che secerne molta sostanza mucosa. Questo porifero mostra all’interno dei suoi fragili tessuti grandi spicole, rappresentate da tilostili con una protuberanza ellittica ad una estremità, e spicole più piccole (microsclere), spinose e rappresentate da aster o diplaster di due dimensioni diverse. Come la gran parte dei poriferi anche quelli di questa specie rifuggono la luce (sciafili) e prediligono zone ombreggiate per insediarsi.Si possono trovare in anfratti e spaccature e spesso in grotte parzialmente illuminate di luce soffusa. Gli esemplari si incontrano a rilevanti profondità, comprese tra i 40 e gli 80 metri sotto il livello del mare. Questo porifero filtra l’acqua di mare dalla quale riesce a prelevare particelle molto piccole di detrito organico, ma anche piccolissimi organismi, come batteri ed alghe, che compongono il plancton. L’animale effettua la digestione solo all’interno delle cellule ed è per questo che le sostanze alimentari devono essere minuscole. Il sistema che incrementa il passaggio dell’acqua dal corpo del porifero è sostenuto dai coanociti, ossia da cellule provviste di flagello, che riescono a produrre lievi flussi di acqua che entra dai pori inalanti dell’animale. Ovviamente l’acqua con i nutrienti attraversa i piccoli ostioli (pori inalanti) e viene riversata all’esterno, con i prodotti di scarto del porifero, attraverso gli osculi. Questo porifero è oviparo e gli esemplari ermafroditi. I sistemi di maturazione dei gameti sembrano in grado di impedire l’autofecondazione. Dalle uova fecondate nascono larve che possono nuotare per un certo periodo per poi fissarsi con successo a qualche superficie rocciosa dando origine, dopo la metamorfosi, ad un nuovo porifero. La riproduzione asessuata è comune nei poriferi e sembra che avvenga anche in questo caso per gemmazione, con gemmule che si distaccano e si depositano sul fondale dove originano un nuovo organismo. Si tratta di una specie che si ritrova nel Mar Mediterraneo, indicativamente da Gibilterra al Mar Egeo, ma non se ne conosce l’areale preciso. Non si dispone nemmeno dell’areale atlantico, ma la specie è stata segnalata lungo le coste delle Isole Azzorre, delle Canarie e dell’Arcipelago di Capo Verde.